Francesca a Utila: "Clima meraviglioso, sott'acqua c'è il paradiso...ma gli sbattimenti non mancano"

Interviste agli espatriati
  • Francesca in Honduras
Pubblicato 2017-05-04 alle 00:00 da Expat.com team
Sole, mare, tramonti mozzafiato...voglia di mollare tutto per ricominciare ai Caraibi? Sembra la concretizzazione perfetta di un sogno ma, al di là degli stereotipi, come si vive da expat in Honduras? Lo abbiamo chiesto a Francesca che quattro anni ha lasciato l'Italia, assieme al marito, per trasferirsi nell' isola di Utila, a due passi da Cayos Cochinos. Leggete l'interessante testimonianza per scoprirne di più sulla sua nuova vita utileña.

Parlaci di te: chi sei e da dove vieni?

Ciao! Mi chiamo Francesca e ho -ahimè- da poco compiuto 35 anni, di cui 22 passati in provincia di Venezia (a Mestre per la precisione), 9 a Milano e quasi 4 a Utila.

Qual è il tuo attuale paese d'espatrio? Quali sono i motivi principali per cui hai deciso di andare a vivere in Honduras?

Vivo in Honduras da quasi quattro anni, precisamente nella bellissima isola di Utila, a due passi da Cayos Cochinos, dove si gira l'Isola dei Famosi.
E' stato infatti per colpa di questa trasmissione che sono finita qui: quello che poi è diventato mio marito, Michele, lavorava nella produzione del programma e così ormai 7 anni fa ha scoperto l'Honduras, innamorandosi perdutamente dei suoi fondali: il triangolo no, non l'avevo considerato, e invece...
Dopo un lungo processo di convincimento - perché a dire il vero io di venire in Honduras non avevo nessuna intenzione- sono capitolata e siamo partiti per Utila.
Ma a essere sinceri la decisione di partire non è stata presa per sfinimento. La vera ragione è che avevo 31 anni, volevo molto un bambino, e fatti due conti mi sono accorta che in Italia, una volta finita la maternità, avrei dovuto impiegare tutto il mio stipendio per pagare altri per crescere mio figlio.
Mi è sembrato un controsenso. E sono partita.

Ti è capitato di avere paure o incertezze prima dell'espatrio?

Certo! Non mi trasferivo a New York ma in Honduras, il secondo paese più povero dell'America centrale dopo Haiti. In più ero una delle poche privilegiate a poter contare su un contratto a tempo indeterminato.
Insomma, in molti mi hanno dato della pazza: avevano ragione ma io non ce la facevo più a vivere perennemente arrabbiata.
Il punto è che sulla carta io ero fortunata rispetto a molti: avevo un lavoro che mi piaceva, una - seppur minuscola - casa di proprietà, eppure mi sentivo in gabbia perché nonostante tutto questo l'unica cosa che volevo con tutte le mie forze, e cioè poter essere una mamma presente, mi era negata.
E così tra mille paure sono partita lo stesso.

Ti sei trasferita sola o in famiglia?

Diciamo che la mia famiglia è iniziata con il trasferimento: esattamente una settimana prima di partire mi sono sposata con il mio compagno, dopo 6 mesi è arrivata la mia "ombra": Nana, il gatto più brutto e nevrotico dei Caraibi, che però io amo alla follia.
Al nono mese da expat è arrivata Mucca, un incrocio tra un Presa Canario e un Dogo che, nonostante la genetica la vorrebbe una macchina da guerra, è il cane più buono - ma soprattutto il più pauroso - del mondo.
A quel punto mancava solo il famoso figlio, che è arrivato dopo poco.

Come si è svolto il tuo processo di adattamento a Utila?

Male, anzi, malissimo! Sono arrivata senza parlare una parola di inglese né di spagnolo (ndr. nelle Bay Islands la prima lingua è l'inglese anche se la lingua ufficiale dell'Honduras è lo spagnolo) e dovevo gestire un bar.
Immaginatevi il dramma.
Non capivo nulla e la politica del "sorridi e annuisci tanto sei bionda" non sempre funziona: l'ho capito una sera in cui senza saperlo stavo per concedermi carnalmente a un vecchio capitano di mare locale, che grazie al cielo, prima di iniziare con qualsiasi approccio è prima andato a chiedere il permesso a mio marito. Che (ri-grazie al cielo) parla un perfetto inglese, per cui mi sono salvata!
A parte i problemi linguistici l'altro dramma sono stati gli onnipresenti sandflies, a cui io ero terribilmente allergica: i primi sei mesi li ho passati ricoperta di vesciche grandi come l'unghia di un pollice e perfettamente sferiche. Uno schifo. Sono anche finita in ospedale un paio di volte, poi a un certo punto il mio corpo si è rassegnato, ed eccomi qui.

Che tipo di visto/permesso hai fatto per risiedere in Honduras?

Come la grande maggioranza degli expat qui, ho vissuto con un permesso turistico da rinnovare ogni tre mesi, che ci costringe a rapide uscite dal Paese per ottenerne il rinnovo.
Da quando è nato mio figlio, che naturalmente è cittadino hondureño, stiamo valutando di prendere la cittadinanza, ma i costi sono elevati e non sono sicura di voler fare di questa bellissima ma lontanissima isola la mia casa definitiva.

Di cosa ti occupavi in Italia?

In Italia lavoravo in un'agenzia di comunicazione che si occupava di ufficio stampa e relazioni pubbliche.
Una professione che mi piaceva molto - e che per certi aspetti mi manca - ma che richiede anche molta, moltissima dedizione.
Probabilmente se ci fosse stata la possibilità di collaborare in regime di telelavoro per metà della giornata lavorativa non mi troverei qui. Ma il nostro Paese è ancora molto indietro nelle politiche di life-working balance e non si può pretendere che sia il singolo imprenditore a farsi carico di questa patata bollente, per cui W l'Honduras.

Cosa fai adesso?

Qui a Utila per i primi due anni ho lavorato nel bar che avevo rilevato insieme a mio marito.
Ad un certo punto ho anche trasformato la mia passione per la cucina in un lavoro, inventandomi le tapas all'italiana.
Le cose sono andate molto bene per un po': una delle più grandi soddisfazioni della mia vita è stata arrivare al bar (ancora chiuso) e trovare la gente in fila in attesa di mangiare le mie ricette, ma poi è arrivato Alberto (mio figlio) e ho cambiato tutto di nuovo.
Con mio marito abbiamo deciso di chiudere il bar e di dedicarci ad altro: lui adesso fa il dive-shop manager, io la mamma a tempo pieno, anche se proprio da questa settimana inizio a collaborare con un ristorante riproponendo le mie tapas italianas durante alcune serate ad hoc.
Saltuariamente collaboro con l'Italia sempre nell'ambito della comunicazione, ma per il momento si tratta di episodi sporadici.
Mi piacerebbe molto riuscire a costruirmi una professione da content provider: scrivere è la mia passione, ma non sto trovando grandi opportunità. Vedremo, e comunque la speranza è sempre l'ultima a morire.
Evito di fare ineleganti appelli qui, quindi dico solo che sono sempre ben felice di aprirmi a nuove collaborazioni. A buon intenditore...

Quali sono le differenze principali che hai riscontrato tra lo stile di vita hondureño e quello italiano?

Mah, in entrambi i paesi si sputa sangue per sopravvivere.
Il bello del vivere nel terzo mondo è che quando torni nel primo ti rendi conto di quanto tu sia fortunato. Ma è bello solo se hai un luogo dove tornare.
Ogni tanto mi capita di leggere le riflessioni di alcuni turisti al rientro dagli angoli più poveri del pianeta che parlano quasi con invidia di come gente privata di tutto possa comunque conservare il sorriso e la dignità.
Ecco, non sarò politically correct, ma mi verrebbe da schiaffeggiarli (con gentilezza) perché la povertà è brutta e basta.
Qui le donne muoiono di parto, i denti si perdono a trent'anni, le malattie più stupide possono essere fatali. La miseria immiserisce anche moralmente, perché a volte la fame è più forte di qualsiasi altra cosa. D'altro canto, l'assenza di un governo presente permette a tutti di inventarsi un lavoro senza dover perdere troppo tempo e troppi soldi in permessi che di solito sono inutili (ma non lo sono se sei un expat), la corruzione è democratica (nel senso che tutti, anche i meno abbienti, sono avvezzi a oliare gli ingranaggi burocratici quando serve, e non è necessario disporre di grandi cifre), il clima è meraviglioso e sott'acqua c'è il paradiso

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E per quel che concerne somiglianze/differenze a livello umano tra i due popoli?

Che domanda difficile! Non saprei rispondere.
Sicuramente la propensione a fregare il prossimo è un aspetto culturale che ci accomuna, anche se dopo 4 anni qui posso affermare che nessun locale ha danneggiato me e la mia famiglia quanto alcuni italiani che disgraziatamente abbiamo incontrato all'inizio della nostra vita da expat, ma non dico di più perché vorrei evitare qualsiasi nuovo contatto con questi personaggi.
Utila poi è completamente diversa dal resto dell'Honduras. Io devo dire che amo molto più gli hondureñi degli utileñi. Perché sono più aperti, disponibili e generosi.
Perché non mi sono spostata sulla terraferma? Perché purtroppo, qui morire per strada è ancora troppo facile a causa delle pandillas e dei narcos.

Ci sono degli usi e modi di fare locali che sono entrati a far parte della tua quotidianità dopo il trasferimento?

Mangio molti più fagioli, molto più riso, ho imparato a fare discrete tortillas e ho superato la mia proverbiale avversione per il pollo. E anche se sono nella terra dell'anti-zen, dalla gente che vive qui, ho imparato a vivere solo nel presente.
Sto ancora cercando di spiegare a chi mi aspetta a casa che è un concetto molto diverso dal vivere alla giornata, ma non è facile. Comunque, in questo modo ho vinto il mio più grande problema che era l'ansia.
Da quando sono un'expat, nonostante oggettivamente abbia dovuto superare prove ben più dure rispetto alla più difficile affrontata in Italia, non ho mai avuto crisi di panico. Mi sono sentita sola, stupida, impaurita... ma mai che mi sia venuta una crisi.
In Italia mi capitava davanti a una torta di compleanno (ed ero ancora troppo giovane perché le lacrime fossero dovute alla paura delle rughe), per strada solo perché magari passava il giro d'Italia e c'era troppa confusione, nella metropolitana all'improvviso.
Credo che doversi guadagnare l'essenziale ti regali la consapevolezza che in un modo o nell'altro le cose si risolvono e tanto vale provare a restare tranquilli.
Io qui ho imparato la tranquillità che deriva dall'accettazione (attenzione, non ho detto rassegnazione).

Che ruolo gioca la conoscenza dello spagnolo nella buona riuscita del trasferimento?

Per spostarsi a Utila sono fondamentali sia lo spagnolo che l'inglese.
L'inglese serve per comunicare con i turisti e fornisce una base per tentare di decodificare l'utileño (che madrelingua anglosassoni, al primo ascolto, non riconoscono come inglese, e non è un modo di dire).
Con lo spagnolo ti guadagni il rispetto di tutti gli hondureñi non nativi delle Bay Islands, che poi, nella mia esperienza, sono anche le persone più belle con le quali avere a che fare.
Parlare spagnolo, inoltre, ti permette di essere trattato alla pari. Tutti comunque cercheranno di fregarti, ma non ci metteranno l'impegno che invece dedicano a chiunque parli solo inglese che, indipendentemente dal fatto che sia governato da Donald Trump, viene immediatamente classificato come gringo.

Ci sono strutture ospedaliere a Utila?

Ci sono due cliniche, una privata e una pubblica. Ma se c'è bisogno di un consulto specifico è d'obbligo recarsi sulla terra ferma.
I medici sono generalmente molto gentili. Nel modo di operare riescono a infilare un po' di saggezza maya che si traduce in una grande attenzione al dialogo col paziente -aspetto che io trovo di fondamentale importanza - ma purtroppo nel Paese mancano gli strumenti anche quando ci si rivolge alle più costose strutture a pagamento.
Quando aspettavo Alberto, per esempio, non ho potuto fare nessuno screening prenatale perché in tutto l'Honduras non esisteva una struttura che consentisse questo tipo di indagini.
Una mia amica ha visto morire suo figlio di un giorno - nonostante l'avesse portato nell'ospedale dei vip sulla costa- senza sapere perché.
Pare però che i dentisti siano fantastici. Io non ho ancora avuto il piacere.

Hai stipulato un'assicurazione sanitaria privata?

Con il lavoro da istruttore di sub di mio marito è possibile accedere a assicurazioni piuttosto vantaggiose, per cui recentemente ce ne siamo dotati.
In ogni caso se mi succedesse qualcosa di grave tornerei alla velocità della luce in Italia, dove tutti si lamentano della sanità, ma io sono forse stata sempre stata fortunata, per cui mi sentirei tranquilla.

Ci dai qualche informazione sul costo della vita a Utila?

Per un appartamento con 2 camere, cucina e bagno ci vogliono 350$ al mese.
Per le utenze, senza usare condizionatori siamo intorno ai 25 dollari ogni 15 giorni.
Una bombola di gas costa circa 15 dollari, un contratto decente internet intorno ai 50.
I generi alimentari come pane, latte, pasta, riso, carne, frutta e verdura: se si comperano prodotti internazionali i prezzi sono quelli italiani. Se invece si comprano le cose al mercato con 20 dollari si ritorna a casa con una bella spesa per quasi una settimana.
Per una visita medica specialistica il prezzo medio è 25 dollari.
L'asilo privato di mio figlio costa intorno ai 25 dollari al mese.
Una cena in un ristorante da expat costa un 20 dollari a persona. Se invece si parla di street food con 2 dollari è possibile mangiare ovunque.

Cosa ti piace fare nel tempo libero?

Naturalmente andare al mare. Ogni tanto mi immergo anche. E poi scrivere, leggere. Giocare con mio figlio e cucinare la pizza o la fare la pasta fresca, però essendo io più o meno casalinga queste ultime attività rientrano nel mio "lavoro".

Parlaci del tuo blog

Il blog è una novità recente. Ci pensavo da un anno ma è solo dallo scorso dicembre che ho trovato più che la voglia, il coraggio di iniziare a scriverlo, perché tutte le volte che pensavo di farlo mi veniva in mente una mia collega che mentre organizzava il suo matrimonio -tra il serio e il faceto- mi diceva che doveva essere tutto perfetto non solo perché di matrimonio -auspicabilmente- ce n'è uno solo, ma perché ne andava della propria credibilità professionale (come vi dicevo lavoravo in un ufficio stampa, per cui di eventi ne macinavamo parecchi comunque). Ed anche se io ufficialmente di comunicazione non mi occupo più da tre anni, ecco, un po' di ansia da prestazione questo blog me l'ha messa.
Si chiama "agambelevate, se il disagio ti segue, cambia strada!" (url: agambelevate.com).
Naturalmente il titolo ironizza sul mio essere -prima di un'expat- una nevrotica così nevrotica che potrei tranquillamente uscire da una sceneggiatura di Woody Allen.

Che tematiche tratti?

Racconto della mia vita e delle tante situazioni paradossali nelle quali, mio malgrado, mi trovo.
Credo che sia più colpa del karma che dell'Honduras comunque!
Cerco sempre di essere leggera, ma anche sincera.
Troppo spesso i media -non parlo di https://www.expat.com ma di programmi tv e quotidiani- raccontano l'espatrio come qualcosa di facile e indolore, e invece no. Anche ai Caraibi ci sono gli sbattimenti, anche ai Caraibi succedono le giornate no.
In futuro però vorrei raccontare anche altro, perché vivendo qui ho scoperto che non è vero che i Maya si sono estinti, ma sono vivi, vegeti e parlanti in molte foreste del Centro America -Honduras incluso-, che dai naufragi delle navi durante il periodo della tratta degli schiavi sono nate le comunità Garifuna, che Rousseau sarà stato un gran pensatore ma che il mito del buon selvaggio è pura teoria.
Insomma, questo blog non incanala pulsioni sado-maso: anche se vivo ai Caraibi non sempre ho una vita da invidiare. Al contrario invece, penso che agambelevate, potenzialmente, potrebbe diventare un ottimo strumento di autoaiuto per risolvere la depressione da rientro, per rivalutare l'ufficio, riappacificarsi con lo smog, il traffico, la pioggia e perfino con la nail-art. Insomma, anche se non siete expatwannabe, potreste farvi due risate leggendomi!

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